Ieri, Oggi, Domani, Opera! – Coversando con la leggenda: Intervista a Thomas Hampson
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Thomas Hampson non ha bisogno di presentazioni, è semplicemente uno dei più grandi artisti dei nostri tempi, e la sua grandezza di artista e di uomo viene fuori anche in questa intervista che abbiamo realizzato con lui durante la sua partecipazione alla produzione di Die ägyptische Helena al Teatro alla Scala…
Quando ha iniziato a cantare?
Ho cominciato più presto di quanto io ricordi, se stiamo parlando di esperienze basiche come cantare per la casa, in chiesa e in macchina…Il mio primo incontro ed esibizione con il canto lirico fu alla scuola superiore, e successivamente con la mia insegnante Suor Marietta Coyle al Forth Wright College, entrambe a Spokane, Washington.
Uno dei più importanti incontri della sua carriera è stato con il leggendario Maestro Leonard Bernstein, del quale abbiamo celebrato lo scorso anno il centesimo compleanno e sul quale è in realizzazione un biopic con protagonista Bradley Cooper: potrebbe raccontarci qualcuno dei suoi ricordi delle sue esperienze con lui?
Sono tantissime, quanto tempo avete?!
Sono stato invitato per fare un’audizione per Lenny a metà degli anni Ottanta, subito dopo il mio debutto al Met. Mi prese sotto la sua ala e abbiamo lavorato molte volte insieme, producendo alcune delle più profonde esperienze musicali della mia carriera. Sebbene abbiamo iniziato con La Bohème di Puccini a Roma, abbiamo passato molto tempo collaborando insieme su Mahler.
Lui aveva un modo singolare di guardare non solo la musica di Mahler, ma anche la musica in generale, fino al suo nucleo più vero e assoluto come linguaggio. Questo certamente era rimarchevole nelle sue interpretazioni delle opere strumentali di Mahler, ma quando si arrivava a pezzi che coinvolgevano il canto, esploravamo quello che era per me un ampio e nuovo universo di suoni e colori. La mia passione per la lingua e in particolare per il tedesco, fa capire molto ciò di cui discutevamo. Molti dei miei ricordi sono cose che dall’esterno potrebbero sembrare semplici conversazioni riguardo la vita, la musica e il significato, ma sono certamente cose profonde che sono rimaste con me fin da quei tempi.
Ha fatto il suo debutto operistico alla Scala nel 2017, quali sono state le emozioni di essere parte di quella produzione di Don Giovanni?
La Scala è certamente un teatro importante per ogni importante. Fa parte della lista della cose da fare. Ho avuto la grande fortuna di viaggiare per il mondo cantando, a volte in luoghi di grande portata, ma i tempi per un progetto alla Scala non si sono mai accordati con il resto prima di quel Don Giovanni. Mozart è stato con me attraverso tutta la mia carriera, quindi cantare quel ruolo in un palco così storico, con un grande cast e in quella brillante produzione di Robert Carsen, che includeva il mio genero Luca (Pisaroni, ndr) come Leporello, è stato entusiasmante e decisamente molto divertente.
Die ägyptische Helena è una delle più preziose e rare opere di Strauss: qual è stata la sua esperienza di essere stato parte di questa prima assoluta per La Scala? Ci parli di questa produzione.
Durante la mia carriera ho avuto il piacere di esplorare ruoli e opere che non sono rappresentate frequentemente così come i titoli più conosciuti di Puccini, Verdi e gli altri. Anche con quei compositori ci sono gemme nascoste che vale la pena presentare nelle giuste circostanze. Con Die ägyptische Helena di Strauss stiamo sperimentando qualcosa del compositore che è allo stesso tempo fantastico ma anche concreto. C’è della musica realmente stupefacente in quest’opera, e portarla in vita a Milano e per un pubblico che ama e apprezza Strauss è una meravigliosa esperienza.
Il ruolo di Altair venne creato da Friedrich Plaschke, un famoso cantante straussiano, creatore di altri quattro ruoli di Strauss, e marito di Eva von der Osten (il primo Octavian): quali sono le caratteristiche specifiche e le difficoltà di questo ruolo?
Sì, lui ha creato cinque ruoli di Strauss, tutti a Dresda. Tra questi ce n’è uno che mi sta particolarmente a cuore, Mandryka in Arabella, che ho anche interpretato a Dresda. Strauss era brillante nel modo in cui orchestrava la sua musica, ma gli piaceva anche mettere alla prova i cantanti. Ci porta fuori dal nostro tipico approccio ad un ruolo, il canto straussiano richiede un approccio molto diverso rispetto a quello di Verdi. Hai queste linee altisonanti, spesso cantante sopra ad un’orchestra ampia, ma devi anche confrontarti con molti momenti di declamazione, più parlati che cantati. E’ curioso trovare l’equilibrio tra questi due aspetti, ma è qualcosa che mi piace fare ogni volta che canto Strauss.
Sarà il creatore del ruolo di Jan Vermeer nell’opera di Stefan Wirth La ragazza con l’orecchino di perla all’Opernhaus di Zürich: quali sono le sensazioni e i vantaggi di creare un ruolo in una prima mondiale?
Non vedo l’ora di quella prima, poiché Zurigo è stata la mia casa artistica per moltissimi anni. Ho cantato in due prime mondiali la scorsa stagione – Hadrian alla Canadian Opera Company e The Phoenix alla Houston Grand Opera. Queste erano due opere molto diverse, non solo per l’argomento e per lo stile compositivo, ma anche per l’approccio ai personaggi. Questa è una delle cose che adoro di creare un nuovo ruolo. Non è stato fatto prima, quindi tu stai portando veramente qualcosa al pubblico che non hanno mai sperimentato prima. Non c’è nessun altra testimonianza o riferimento, lasciando l’artista con molto spazio per immaginare la motivazione. E’ importante per le opere nuove di continuare a commissionarne, di mantenere l’arte dell’opera fresca e vibrante. Mi piace vedere una stagione che include un bel mix di nuovo e vecchio, con la speranza di accogliere nuovo pubblico lungo la strada che viene per la prima volta all’opera.
Momenti salienti della sua stagione 2019/2020 saranno i concerti: ci sono delle differenze tecniche nell’approcciarsi alla musica da camera o al repertorio sinfonico?
Le differenze derivano principalmente dal modo in cui percepisco lo spazio e i collaboratori intorno a me da una prospettiva sonora. Ho la possibilità di interagire con un pianista o con un’ensemble da camera ad un livello più intimo rispetto ad una grande orchestra sinfonica. Penso che in una circostanza cameristico mi sento più libero di rischiare e di essere diverso in un momento rispetto ad un altro, probabilmente guidato anche dalle connotazioni del testo ancora di più del solito, maggiormente perché le prove che portano a quelle esibizioni sono assolutamente uniche e personali.
Lei è una leggenda vivente: quali sono le responsabilità di essere una leggenda e quali sono i consigli che può dare ai giovani cantanti?
Come educatore, voglio incoraggiare i giovani cantanti a studiare, tutto ciò che possono. Imparare le lingue, passare il tempo a conoscere le storie che stanno dietro la vita dei compositori e le opere stesse, leggere libri e poesie che hanno influenzato la musica. Se tu porti la tua curiosità verso tutto ciò che fai non sarai mai annoiato, e darai di più ad ogni esibizione. Se tu stesso non conosci qualcosa in che modo ti aspetti che il pubblico possa apprezzarlo?Come artista facendo questo tutto il tempo, penso sia importante per i giovani cantanti capire qual è il loro vero nord e apprezzarlo. Se è la tua famiglia, gli amici, un compagno, un cane, una routine quotidiana…non importa cosa sia, fai quello che devi fare per aggrapparti a questo. Questa vita non è così patinata come sembra dall’esterno. Ci sono molti giorni che hai a che fare con ritardi aerei, valigie smarrite, notti insonni e una bronchite acuta. Se mantieni un senso di equilibrio, comprendendo la tua fisicità come artista e come essere umano e stando concentrati su ciò che è davvero importante per te, questa vita folle diverrà più facile lungo il cammino.
Grazie a Thomas Hampson e In bocca al lupo!
Francesco Lodola